Il termine che ricorre quasi sempre per descrivere questo genere di cose è minimalista, oppure
ambient. Potremmo definire così il genere proposto da Zorn in “Redbird”: ma il problema del disco in questione, come in altre sue opere precedenti, è che si fatica quasi a chiamarla musica.
Cosa si può dire di “Dark River”, un pezzo di 9 minuti di sole, bassissime, percussioni? Questa non è musica. Questo è un ritorno alle origini, appartiene a un contesto molto precedente alla "musica". Il senso del ritmo, la ricerca dell'emozione pura. E' un battito leggero e drammatico, un palpito che ci suona familiare. E' quello del nostro cuore. Che altrettanto drammaticamente scandisce gli attimi prima di fermarsi.
E poi la title track, “Redbird”. Macché track, macché titolo, non contano. Provate ad ascoltarlo. Ma ad ascoltare solo quello. Sì, sono 40 minuti. 40 minuti che riescono a tenervi sospesi, a farvi ondeggiare fra quelle minimali note, che apparentemente rimangono uguali per tutta la durata. Alla fine del brano, vi troverete esattamente lì, dove l'avevate iniziato, con la stessa espressione di prima. Ma ad occhi aperti, mossi da un'inquietudine allarmante.
Cosa significa minimale? Cosa significa ambient? Preferisco descriverlo come un disco essenziale. Essenziale nella costruzione, due tracce e poche, pochissime note. Essenziale per chi Zorn non lo vede come uno scrittore fallito e perso in sperimentazioni, bensì come una sorta di genio. Essenziale per riscoprire le radici umane e la prima emozione che l'uomo ha provato, la paura.
ambient. Potremmo definire così il genere proposto da Zorn in “Redbird”: ma il problema del disco in questione, come in altre sue opere precedenti, è che si fatica quasi a chiamarla musica.
Cosa si può dire di “Dark River”, un pezzo di 9 minuti di sole, bassissime, percussioni? Questa non è musica. Questo è un ritorno alle origini, appartiene a un contesto molto precedente alla "musica". Il senso del ritmo, la ricerca dell'emozione pura. E' un battito leggero e drammatico, un palpito che ci suona familiare. E' quello del nostro cuore. Che altrettanto drammaticamente scandisce gli attimi prima di fermarsi.
E poi la title track, “Redbird”. Macché track, macché titolo, non contano. Provate ad ascoltarlo. Ma ad ascoltare solo quello. Sì, sono 40 minuti. 40 minuti che riescono a tenervi sospesi, a farvi ondeggiare fra quelle minimali note, che apparentemente rimangono uguali per tutta la durata. Alla fine del brano, vi troverete esattamente lì, dove l'avevate iniziato, con la stessa espressione di prima. Ma ad occhi aperti, mossi da un'inquietudine allarmante.
Cosa significa minimale? Cosa significa ambient? Preferisco descriverlo come un disco essenziale. Essenziale nella costruzione, due tracce e poche, pochissime note. Essenziale per chi Zorn non lo vede come uno scrittore fallito e perso in sperimentazioni, bensì come una sorta di genio. Essenziale per riscoprire le radici umane e la prima emozione che l'uomo ha provato, la paura.
(adattato da una recensione su DeBaser)
Tracklist:
1. Dark River (8:52)
1. Dark River (8:52)
2. Redbird (41:01)
Total Time: 49:53
Line-up:
- Jim Pugliese / bass drums (1), percussion
- Jim Pugliese / bass drums (1), percussion
- Carol Emanuel (2) / harp
- Jill Jaffe (2) / viola
- Erik Friedlander (2) / cello
- John Zorn / conductor
Download:
Buon ascolto!
2 commenti:
Definitely one of Zorn's most challenging albums (for me, at least). Thanks!
molto grazie!!
salutes capo!
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