sabato 30 agosto 2008

Masada Vol. 1: Alef (1994)


Il primo libro di Masada (10 album) è una colossale opera musicale ispirata alle tradizionali musiche ebraiche, catalogate col termine klezmer. Zorn, assieme a tre eccezionali musicisti, mette in tavola più di 100 brani impeccabili, finemente composti ed eseguiti in modo sublime. La line-up rimarrà invariata per tutte e 10 le pubblicazioni, giunte al termine nel 1998 (un decennio fa).
Essendo tutti di stampo molto simile, nonostante ogni disco abbia sue peculiarità, i prossimi post sotto il nome di Masada conterranno solo la tracklist e la formazione come promemoria (oltre al link, ovvio).
Masada è tuttora uno dei progetti di Zorn più osannati dal pubblico e dalla critica. Ogni volume di questa serie è assolutamente imperdibile.

PS: nel 2005 avrà inizio la serie di Masada Book Two, denominata “Books of Angels”, dove le composizioni di Zorn saranno eseguite da una band diversa in ogni volume. Tuttora la serie è in fase di registrazione, giunta al suo undicesimo capitolo.


Tracklist:
1. Jair (4:53)
2. Bith Aneth (6:24)
3. Tzofeh (5:13)
4. Ashnah (6:20)
5. Tahah (5:40)
6. Kanah (7:26)
7. Delin (1:54)
8. Janohah (9:40)
9. Zebdi (2:45)
10. Idalah-Abal (6:15)
11. Zelah (3:48)

Total Time: 58:38

Line-up:
- John Zorn / alto sax
- Dave Douglas / trumpet
- Greg Cohen / bass
- Joey Baron / drums


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martedì 19 agosto 2008

Painkiller: Execution Ground (1994)


Davvero particolare per essere un disco targato Painkiller: l'atmosfera si trasforma completamente in “Execution Ground”, l'ultimo (doppio) disco in studio della prima formazione del gruppo. I temi rarefatti (e nel secondo disco dichiaratamente ambient) di questo album lo rendono ideale per mettere a nudo l'essenza di Painkiller: Zorn diventa estremamente misurato nell'esecuzione, il basso accompagna la marcia funebre e la batteria, mista alla voce dello stesso Harris fa il resto. Lontano anni luce dalle devastanti hit di “Guts of a virgin”, il brano “Parish of Tama” ci fa godere di un'atmosfera inquietante ma estremamente accessibile e piacevole. Sono echi lontani, pianti di morte e non più grida, sono vere e proprie esequie miste di noise e ambient. Fantastica “Morning of Balachaturdasi”, più ritmata e coinvolgente rispetto al primo brano, oltre ad essere chiaramente più avant-garde.
Il secondo disco contiene delle interessanti rielaborazioni in chiave ambient dei brani 1 e 3 del primo disco. “Execution Ground” diviene così un tassello imprescindibile nella serie Painkiller, e nell'intera side-discography di John Zorn.
Nel 1995 è stato edito in un'edizione a triplo disco, dove nelle tracce bonus figurava la partecipazione di Yamataka Eye, storico vocalist dei Naked City.

Tracklist
:
Disc One
01. Parish of Tama (Ossuary Dub) (16:05)
02. Morning of Balachaturdasi (14:45)
03. Pashupatinath (13:47)
Disc 1 time: 44:25

Disc Two
01. Pashupatinath (Ambient) (20:00)
02. Parish of Tama (Ambient) (19:19)
Disc 2 time: 39:19

Total Time: 83:56

Line-up:
- John Zorn / saxophone, voice
- Bill Laswell / basses, samples
- Mick Harris / drums, samples, voice


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The Art Of Memory (1994)


“The Art Of Memory” segna la felice collaborazione fra Zorn e Fred Frith, già suo compagno in diversi progetti precedenti (e poi futuri): l'intera esecuzione è affidata a questo duo sax/chitarra, in preda ad una incredibile spinta sperimentale. Si tratta infatti di un'opera raffinata dal punto di vista compositivo, ma di certo non adatta a qualunque ascoltatore. Se siete restii di fronte all'avanguardia più tendente al vero senso del termine, “The Art Of Memory” non fa per voi; se invece conoscete già i due artisti, amate le sfide e gli accostamenti musicali più weird, avrete pane per i vostri denti.
Il vantaggio dell'esecuzione a due è di certo il conseguente affiatamento fra i componenti, che troviamo dunque in una dimensione che sembra costruita apposta per loro. Mentre la chitarra pone perciò le basi attraverso un interessante uso del volume e delle stoppate, il sassofono ricama i propri tessuti, quasi sempre puramente noise. Se la miscela non è di vostro gradimento sin dall'inizio, difficilmente le cose miglioreranno; se invece trovate che il disco metta alla prova la vostra curiosità e fantasia, avrete già riconosciuto il talento dei due fenomenali musicisti. Oltre a segnalare il già ben noto stile eccezionale di Zorn, va quindi rivolta una certa attenzione alla performance di Frith, che talvolta rischia di rimanere in secondo piano rispetto ai vistuosismi del sassofono.
Le registrazioni dal vivo del duo di “The Art Of Memory” sono state edite proprio quest'anno (2008) in “The Art Of Memory II”. Occasione in più per riscoprire questo affascinante episodio d'avanguardia, immancabile per i cultori del genere.

Tracklist:
1. The Combiner (4:41)
2. The Ladder (5:24)
3. The Chain (4:54)
4. The Field (7:58)
5. The Table (8:44)
6. The Interpreter (5:06)
7. The Tree (4:20)
8. The Fountain And The Mirror (4:30)

Total Time: 45:37

Line-up:
- John Zorn / alto saxophone
- Fred Frith / guitar


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Painkiller: Rituals – Live In Japan (1993)


Registrato nel 1991 e pubblicato due anni dopo dalla Toys Factory, questo è il primo disco dal vivo dei Painkiller, a cui farà seguito “Talisman: Live In Nagoya” nel 2002. La prima cosa da notare è un difetto piuttosto rilevante: la qualità audio è scarsa e gli strumenti non sono ugualmente distribuiti nel complesso sonoro, con l'aggiunta di un'eco vocale talvolta disturbante. Ciononostante, il disco presenta un interessante crescendo esecutivo, dai placidi soundcheck ai più acidi brani grind (meno brevi degli storici pezzi di Naked City). La parte centrale dell'album è inoltre caratterizzata da tre brani lunghi, per una durata di circa mezz'ora: essi caratterizzano forse il momento più interessante dell'ascolto, poiché contengono interessanti divagazioni sperimentali ritmate dalla batteria sempre eccellente del grande Mick Harris. Il sonoro nei momenti strumentali è dominato dall'acuto sassofono di Zorn; dal nono brano entra invece in gioco Haino Keiji, componente aggiuntivo che affianca il batterista nelle parti vocali, oltre ad offrire una curiosa performance chitarristica. Purtroppo nella prima parte il basso è destinato a finire irrimediabilmente in secondo piano, sovrastato dall'accozzaglia sonora degli altri musicisti; la seconda parte offre invece un'azzeccatissima performance nel brano “Prophecy” da parte di Laswell, che si serve di un wah-wah per riguadagnare terreno, e ci riesce alla grande.
Un lavoro quindi penalizzato dalla scarsa qualità di registrazione, ma in parte salvato dagli ottimi componenti del progetto Painkiller. Di sicuro, un concerto così ha dato molto di più a coloro che lo hanno visto di persona, a discapito di chi invece può viverlo solo su disco.

Tracklist:
1. Sound Check (0:27)
2. First Blood (0:42)
3. Five Doors (0:37)
4. Cinnabar (2:40)
5. Pestilence (3:19)
6. The Hex (1:21)
7. Snake Eyes (3:38)
8. Poisonous Visions (7:13)
9. Vapors of Phlegm and Blood (9:22)
10. Tetragrammaton (6:25)
11. Prophecy (5:12)
12. Tantric Bile (0:18)
13. The Sieve (2:19)
14. Abscesses (7:29)
15. Cat’s Cradle (6:42)
16. Demonic Possession (2:49)
17. Tokyo Lucky Hole (3:01)

Total Time: 70 min. circa

Line-up:
- John Zorn / alto, vocals
- Bill Laswell / bass
- Mick Harris / drums, vocals
- Haino Keiji / guitar, vocals


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mercoledì 6 agosto 2008

Kristallnacht (1993)


“Kristallnacht” è un punto di svolta fondamentale per Zorn. Esso segna infatti l'approccio iniziale alla musica di tradizione ebraica, che in seguito produrrà la celeberrima serie Masada (10 album) e i più recenti Books of Angels.
Questo indimenticabile lavoro ripercorre tutta l'esperienza del popolo ebraico, dalla persecuzione alla formazione di uno stato indipendente. In particolare il secondo brano “Never Again” (forse il più intenso che Zorn abbia mai ideato) è caratterizzato da quasi 12 minuti di vetri infranti, lampi noise e grida di disperazione: è questo l'apice drammatico dell'album, la presentazione auditiva della terribile “Notte dei Cristalli”, con cui è iniziata la Shoah da parte dei nazisti.
Gli altri brani sono quasi tutti di genere klezmer (appunto la musica ebraica) con sapienti tocchi d'avanguardia, e vantano la collaborazione di musicisti quali Mark Feldman, Anthony Coleman e Marc Ribot. Una originale anticipazione delle nuove tendenze di Zorn in ambito discografico.
Ogni brano ha un proprio significato e un proprio fascino, ma “Never Again” resta di certo il cardine della “poetica” del compositore che, ancora indignato per i fatti storici, si abbandona ad un disperato appello: “Mai più”.
Ad oggi, uno dei più bei dischi di Zorn, fra i miei preferiti di questo incredibile autore.

Recorded in 1993, Kristallnacht is Zorn's most powerful and unforgettable composition. This premiere work of Radical Jewish Culture features a virtuoso ensemble of creative Jewish musicians. Seven movements tell the story of the Jewish experience, survival through the Holocaust, the building of a Jewish state, diaspora Jewry and its attraction and resistance to assimilation, the rise of Jewish nationalism and the ultimate problems of fanatical religious fundamentalism. Seemlessly combining 12 tone classical composition, improvisation, noise and klezmer, this is a work not to be missed by anyone interested in new trends in modern music.


Tracklist:
1. Shtetl (Ghetto Life) (5:51)
2. Never Again (11:41)
3. Gahelet (Embers) (3:25)
4. Tikkun (Rectification) (3:02)
5. Tzfia (Looking Ahead) (8:46)
6. Barzel (Iron Fist) (2:01)
7. Gariin (Nucleus-The New Settlement) (7:58)

Total Time: 43:03

Line-up:
- Mark Feldman / violin
- Marc Ribot / guitar
- Anthony Coleman / keyboards
- Mark Dresser / bass
- William Winant / percussion
- David Krakauer / clarinet, bass clarinet (1,5)
- Frank London / trumpet (1,5)


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martedì 5 agosto 2008

Elegy (1992)


Pubblicato nel 1992, “Elegy” è il primo disco dove Zorn si cimenta nella musica da camera contemporanea. Questo breve ma splendido lavoro viene classificato nei “file-card works”, cioè i dischi che traggono ispirazione da immagini o altro. L'opera in questione rende omaggio a Jean Genet, un controverso scrittore e poeta francese del 900: le sue esperienze letterarie e di vita diventano ispirazione per Zorn, che realizza 4 brani (ognuno contrassegnato da un colore) stuzzicanti ed estremamente curiosi nel loro uso degli strumenti d'orchestra.
Chiaramente non parliamo di musica classica allo stato puro, ma di un'accezione molto moderna e contaminata, ovviamente, dal minimalismo avanguardistico del grande compositore. I brani sono spesso intervallati da sezioni registrate o da effetti sonori (gestiti da David Slusser), culminanti nel brano “Pink”: esso comprende anche un cameo di Mike Patton, il quale diventerà successivamente assiduo collaboratore di Zorn.
Forse un po' ostico in principio, ma estremamente eccitante dal secondo ascolto in poi. Il genere qui proprosto avrà diversi "figli", tra cui i meravigliosi "String Quartets", "Angelus Novus" e una trilogia a sfondo esoterico.


Originally released in Japan in 1992, Elegy, one of Zorn's most important compositions, creates a mysterious world of erotic perversion. Like Spillane, Elegy is an album-length "file-card" composition, this time drawing inspiration from the writings of Jean Genet, and features an unusual collection of some of San Francisco's most interesting musicians.


Tracklist:
1. Blue (7:08)
2. Yellow (2:48)
3. Pink (15:44)
4. Black (3:42)

Total Time: 29:22

Line-up:
- Barbara Chaffe / alto and bass flute
- David Abel / viola
- Scummy / guitar
- David Shea / turntables
- David Slusser / sound effects
- William Winant / percussion
- Mike Patton / voice


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