Questo album ha l'onore di essere il primo a raccogliere i quartetti d'archi di Zorn, tre dei quali originariamente commissionati dal Kronos Quartet. La visionarietà delle composizioni, unita alla strabiliante performance del quartetto “DeSade” (Hammann / Feldman / Martin / Friedlander) rende questo disco, oltre che indimenticabile, assolutamente unico nella discografia del nostro beniamino. Zorn decide di spingersi oltre ogni limite consentito, e la forma quartetto gli permette di mettere in luce quella che, a detta sua, è sempre stata la sua maggiore fonte di ispirazione: la musica classica.
I primi tredici minuti, ovvero il brano “Cat O' Nine Tails” (1988), sono già di per sé spiazzanti: non c'è un istante di respiro, le corde dei violini vengono massacrate in fraseggi inquietanti, alternati con pizzicate enigmatiche. Una vera furia, che si acquieta a fatica solamente nel terrificante finale.
Seguono i tredici frammenti del secondo pezzo (pare che in origine fossero delle “miniature” hardcore, successivamente adattate per quartetto d'archi): Zorn immagina “The Dead Man” (composto nel primo periodo dei Naked City) come una sorta di “colonna sonora” a brevi scene sadomaso, e l'ascoltatore non farà certo fatica a crederci. C'è una passione insana in questi piccoli brani, giustamente contrassegnati da diversi termini di riconoscimento: non vi è infatti uno soltanto dei 13 pezzi che somigli ad un altro, ognuno di essi escogita nuovi sentieri espressivi, veramente appassionanti.
Le cose si complicano, e non poco, col brano “Memento Mori” (1992), dedicato all'artista Ikue Mori, e dichiarato da Zorn stesso un pezzo di difficile ascolto. Esso dura ben 30 minuti, durante i quali le variazioni di tono si sprecano: si incomincia con una melodia appena udibile, per passare ad un triste fraseggio di violino, per poi esplodere in una breve eruzione di suono. L'imprevedibilità è ai massimi livelli in questa poderosa suite, che Zorn rivelerà essere autobiografica, costruita su temi quali l'amore perduto e la triste esistenza dello studente. Un brano dunque che proviene direttamente dal più profondo dell'animo, sebbene notevolmente “ermetico”. Ciononostante rimane tuttora uno dei traguardi più importanti di tutta la sua carriera.
Il brano conclusivo, “Kol Nidre” (1996), non commissionato, costituisce la dimensione più spirituale di questi esplosivi quartetti: lontanamente ispirato alle sonorità ebraiche, si tratta del pezzo più accessibile della raccolta, funereo ma emozionante dall'inizio alla fine. Una melodia minimale che ci sembrerà finire troppo presto, dopo la concentrazione cui ci hanno sottoposto le suite precedenti.
“The String Quartets” può essere definito un “capolavoro per pochi”, quei pochi che da sempre considerano Zorn un genio, senza riserve.
I primi tredici minuti, ovvero il brano “Cat O' Nine Tails” (1988), sono già di per sé spiazzanti: non c'è un istante di respiro, le corde dei violini vengono massacrate in fraseggi inquietanti, alternati con pizzicate enigmatiche. Una vera furia, che si acquieta a fatica solamente nel terrificante finale.
Seguono i tredici frammenti del secondo pezzo (pare che in origine fossero delle “miniature” hardcore, successivamente adattate per quartetto d'archi): Zorn immagina “The Dead Man” (composto nel primo periodo dei Naked City) come una sorta di “colonna sonora” a brevi scene sadomaso, e l'ascoltatore non farà certo fatica a crederci. C'è una passione insana in questi piccoli brani, giustamente contrassegnati da diversi termini di riconoscimento: non vi è infatti uno soltanto dei 13 pezzi che somigli ad un altro, ognuno di essi escogita nuovi sentieri espressivi, veramente appassionanti.
Le cose si complicano, e non poco, col brano “Memento Mori” (1992), dedicato all'artista Ikue Mori, e dichiarato da Zorn stesso un pezzo di difficile ascolto. Esso dura ben 30 minuti, durante i quali le variazioni di tono si sprecano: si incomincia con una melodia appena udibile, per passare ad un triste fraseggio di violino, per poi esplodere in una breve eruzione di suono. L'imprevedibilità è ai massimi livelli in questa poderosa suite, che Zorn rivelerà essere autobiografica, costruita su temi quali l'amore perduto e la triste esistenza dello studente. Un brano dunque che proviene direttamente dal più profondo dell'animo, sebbene notevolmente “ermetico”. Ciononostante rimane tuttora uno dei traguardi più importanti di tutta la sua carriera.
Il brano conclusivo, “Kol Nidre” (1996), non commissionato, costituisce la dimensione più spirituale di questi esplosivi quartetti: lontanamente ispirato alle sonorità ebraiche, si tratta del pezzo più accessibile della raccolta, funereo ma emozionante dall'inizio alla fine. Una melodia minimale che ci sembrerà finire troppo presto, dopo la concentrazione cui ci hanno sottoposto le suite precedenti.
“The String Quartets” può essere definito un “capolavoro per pochi”, quei pochi che da sempre considerano Zorn un genio, senza riserve.
At last all four of Zorn's infamous compositions for string quartet are available on CD! Originally commissioned by the world-renown Kronos Quartet, three of these pieces are recorded here for the first time. From the cartoon/montage qualities of the popular "Cat O'Nine Tails," to the S/M poetry of "The Dead Man," the hermetic philosophy of "Memento Mori" and the spiritual transcendence of "Kol Nidre," these four quartets take on and challenge the tradition of classical string quartets from Beethoven, Bartók, Webern, Carter and Ferneyhough, forging an exciting new world of their own. Performed by an exciting new quartet of Zorn veterans and new music virtuosos, Zorn's unique compositional voice shines like never before.
Tracklist:
1. Cat O' Nine Tails (13:56)
2. The Dead Man: Variations (1:04)
3. The Dead Man: Sonatas (0:41)
4. The Dead Man: Manifesto (0:49)
5. The Dead Man: Fanfare (0:56)
6. The Dead Man: Meditation (0:53)
7. The Dead Man: Rondo (0:47)
8. The Dead Man: Romance (0:30)
9. The Dead Man: Blossoms (1:07)
10. The Dead Man: Fantasy (0:52)
11. The Dead Man: Folio (1:15)
12. The Dead Man: Nocturne (1:38)
13. The Dead Man: Etude (0:40)
14. The Dead Man: Prelude (1:22)
15. Memento Mori (29:22)
16. Kol Nidre (8:23)
1. Cat O' Nine Tails (13:56)
2. The Dead Man: Variations (1:04)
3. The Dead Man: Sonatas (0:41)
4. The Dead Man: Manifesto (0:49)
5. The Dead Man: Fanfare (0:56)
6. The Dead Man: Meditation (0:53)
7. The Dead Man: Rondo (0:47)
8. The Dead Man: Romance (0:30)
9. The Dead Man: Blossoms (1:07)
10. The Dead Man: Fantasy (0:52)
11. The Dead Man: Folio (1:15)
12. The Dead Man: Nocturne (1:38)
13. The Dead Man: Etude (0:40)
14. The Dead Man: Prelude (1:22)
15. Memento Mori (29:22)
16. Kol Nidre (8:23)
Total Time: 64:15
Line-up:
- Mark Feldman / 2nd violin, 1st violin (1)
- Erik Friedlander / cello
- Joyce Hammann / 1st violin
- Lois Martin / viola
- Mark Feldman / 2nd violin, 1st violin (1)
- Erik Friedlander / cello
- Joyce Hammann / 1st violin
- Lois Martin / viola
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Buon ascolto!
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